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ANDREA CODATO

 
 
Contrario ad ogni tipo di biografia, Andrea Codato non ha bisogno di presentazioni. La sua poesia, e la nostra inveterata amicizia, restano le uniche basi dalle quali è possibile partire per cercare un filo logico che possa esplicare il suo esistere poetico, il suo sopravvivere in quanto artista e essere dalla sensibilità indefinibile. 
Entrate nel suo mondo... 
 
 
Introduzione alla silloge Boris e le gocce di rugiada sospese nel nulla 
 
 
Accostarsi al mondo poetico di Andrea Codato è un’esperienza del tutto singolare ed enormemente suggestiva. Difficile slegare la sua poesia dal suo personale modo di intendere le cose che intaccano la sua vita reale. Soprattutto per me che lo conosco personalmente, è molto chiara questa involontaria e purissima capacità di abolire le distanze tra il vero e l’immaginato. D’altronde è egli stesso a ribadire questo concetto nella poesia che conclude la seconda parte di questa sua breve raccolta: “Mai, / mai e poi mai / sputerò / su questa vita. / Perché so / che non è reale, / e io non credo / alla realtà.”. In definitiva, la sua poesia, rappresenta l’unica maniera che egli ha a disposizione per salvarsi da una dimensione che disconosce ed alla quale sente inesorabilmente di non poter appartenere appieno. La sua poesia, vero e proprio atto d’amore, amore incontaminato, amore che nulla pretende se non esistere in quanto tale, diviene così l’unico appoggio plausibile per un sogno che brucia lentamente nel fuoco incerto della quotidianità. 
Andrea Codato è un sognatore, questo lo fa grande. 
Andrea Codato è un essere umano, questo un po’ oscura la sua grandezza. 
La poesia è l’unica via d’uscita da questa incongruenza del suo tempo. Incongruenza che, ovviamente, non può ritenersi una sua personale colpa, bensì una prerogativa di tutti quanti noi, noi infelici, noi insoddisfatti della vita, noi che vogliamo una ragione in più per credere, per sperare, per desiderare ancora. E’ questo che mi accomuna ad Andrea. Ed è questo che accomuna entrambi al resto della gente a cui manca qualcosa; gente che attende un’assoluzione definitiva. 
La vera poesia nasce sempre da una privazione. 
Nei versi di Andrea Codato è facilmente leggibile questo disagio insito nella difficoltà a sentirsi sazi ed appagati. Nella prima parte della sua raccolta, Il folle che inseguiva Gibran, esso appare come un qualcosa di metafisico, una sorta di sospensione dal proprio male: “… del tempo che fugge, / della paura / che quella luce, / proprio quella luce, / vada soffocando.”. E ancora: “… il mio desiderio / è totale distacco / dalla realtà.”. Là dove, ovviamente, vige: “…Inesplorata / complessità / dei ricordi”. Nel tentativo comunque di trovare una: “…buona ragione / per combattere / uno sterile / non arrivare a niente.”. Nella seconda parte, Morte, proiezione della mia ombra, il dolore diventa invece più forte, colorandosi di immagini intense: “…E’ già freddo / il mio corpo…”. E ancora: “Aveva ragione / chi ti vedeva sporgere / le ossa / dalle rosate carni.”. Mentre il poeta si annienta cadendo burrascosamente “…da centocinquanta - / duecento metri…”, per poter gridare a tutti la propria verità: “Sì, / io sono il Male, / e io / mi distruggo.”. Nella terza e ultima parte, L’amore filtra la vita trattenendone le speranze, c’è infine un’evasione dalle proprie paure, ed un piacevole ritorno a quell’amore e a quel desiderio d’amare da cui tutto è partito. Sono le poesie più smielate (nel senso buono della parola, ovviamente!) e pure dell’intera raccolta. In esse, Andrea Codato, ricerca a piene mani il bello e l’eterno che, attraverso le vie del cuore, possano attribuire un senso al nostro inquieto vivere. Soprattutto, riesce a sperare: “…vorrei che i bambini / nascessero così / da un desiderio / di amare / l’amore / che stiamo amando.”. La donna, in tutte le sue svariate sfaccettature, diventa dunque portatrice di vita e l’unica possibilità per salvarsi dall’effimera provvisorietà del nostro pensiero: “Tu, / donna, / sei la pietra / scolpita nella mia / anima. / Tu, / donna, / sei la mia / eternità.”. 
 
Boris e le gocce di rugiada sospese nel nulla, può definirsi come un’ottima prova poetica di Andrea. Una prova che mi rende lieto per due motivi: il primo, è che c’è della vera poesia nelle pagine che ho avuto l’onore di leggere; il secondo, è che finalmente egli ha riconosciuto, dopo averla rinnegata per molto tempo, la propria ineluttabile inclinazione poetica. 
Lo ringrazio dunque per aver voluto abbandonarsi in toto a quel piccolo grande sogno che accarezza le nostre vite. Esso è l’unico modo che abbiamo, miseri mortali quali siamo, per far sentire a tutti la nostra silenziosa voce. Giacché, come scriveva Dylan Thomas: “Una bella poesia è un contributo alla realtà. Il mondo non è più lo stesso, dopo che gli si è aggiunta una bella poesia”. 
 
Un lettore. 
Un amico. 
Arpino Michele 
 
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SELEZIONE DI POESIE: 
 
 
 
 
Una stella 
cade 
come una lacrima dolce 
in uno stagno d'argento.  
Fa luce 
sul cuore spento 
di due amanti abbracciati: 
l'amore è come il tempo, 
brucia veloce, 
consuma lento. 
 
 
 
AMORE SENZA FINE 
 
 
Amore senza fine 
parole agitate 
frasi senza senso 
apparente 
ho voglia 
di fare all’amore 
con te 
perla magica 
abbracciami 
stringi il tuo cuore al mio 
legalo col sangue 
non piangere 
per me 
non ti merito 
fiore di profumi 
e dolcezze 
sintesi di dramma 
e passione 
volontà sgomenta 
rabbia impetuosa 
non posso darmi a te 
mi hai portato 
lontano 
l’anima 
fa che la riavrò 
se questo non vorrà dire 
dover far scoppiare 
il tuo cuore 
l’amore  
che ha riassunto 
in me 
il mio senso. 
 
 
 
ORDINE COSMICO 
 
 
L'uomo oltrepassò 
l'ordine cosmico.  
Fronte sudata  
mani tremanti 
- gli cigolava il cuore -. 
Era talmente ordinato però  
che non riuscì  
a tornare indietro :  
entrando,  
lasciò le chiavi,  
insieme ad infinite altre chiavi,  
in un cassetto.  
Identico  
a infiniti altri cassetti. 
 
a Gino 
 
 
 
BORIS 
 
 
 
Ritornar 
bambino, perché? 
Riagganciarsi a ricordi 
di terranova mai domi, di fossi 
impantanati vissuti come 
pianeti inesplorati.  
Inesplorata 
complessità 
dei ricordi. 
 
 
Silenzi  
silenzi imposti  
parole tacite  
citate ora 
male  
- come sempre – 
spese adesso 
io 
tu 
mi fraintendi 
e deve essere così  
perché è  
vera  
l'incomunicabilità  
del Genere  
che si crede  
eterno. 
 
 
 
 
 
E ci siamo anche noi  
si, ci siamo anche noi,  
non ci interessi vestito firmato  
guardiamo altro  
ti voglio bene amore  
che mi baci sulla bocca  
trattenendo il respiro  
e il tuo cuore sento battere forte  
sul mio petto  
io avido della tua saliva amara 
non voglio sesso dolce  
voglio sentirti così per sempre  
tutta appoggiata  
su di me la tua pancia  
incinta 
vorrei che i bambini  
nascessero così  
da un desiderio  
di amare  
l'amore  
che stiamo amando. 
 
 
 
 
Di te  
m'invaghisco,  
di te 
io vivo.  
Trovo profondo ristoro  
e pace 
nel calore  
delle tue dolci parole.  
Nei tuoi gesti. 
In te. 
 
È così: 
solo così 
m'appago della vita. 
 
 
 
 
Vorrei guardarti ancora,  
aspettare un momento.  
Vorrei pensarti ancora,  
aspettare il momento.  
Non voglio il tempo  
non voglio il momento  
voglio che il momento  
non abbia tempo 
e che il tempo 
non abbia momento. 
 
 
 
Tu, 
donna, 
sei la pietra  
scolpita nella mia 
anima. 
Tu, 
donna,  
sei la mia  
eternità. 
 
CUORE VITA E MORTE 
 
 
La vita è solo un sogno assurdo  
appoggiato su desideri falsi. 
 
 
Ho letto l’amore. 
Vorrei riporre 
le pagine che ho letto 
nella mia anima 
ma non ho più spazio. 
Vorrei trovare 
un punto 
dove fermare la mia inesistenza 
ma la mia casa 
non è un porto felice. 
Quello che voglio 
adesso, 
è solo farmi trafiggere 
da queste correnti fredde 
e crudeli 
nel mare della tristezza 
e solitudine. 
 
 
Errando  
vado comprendendo. 
Il prezzo di questa verità 
è vasto 
come l’oceano 
della mia solitudine  
e tristezza 
e sommerge quel cuore 
che un tempo, 
un tempo, 
era 
ricolmo d’amore. 
 
 
 
Io, soldato dell’amore. 
Chi mi assolda per amore ? 
Deve esserci un prezzo 
per questa continua lotta. 
 
 
Ho visto il mio amore puro 
camminare 
nella strada della vergogna 
e della falsità. 
Ho visto 
che sarà ormai troppo tardi 
sia per lei 
che per me. 
Ho detto addio 
al mio amore puro,  
ho detto addio 
al mio sogno falso, 
ho detto addio 
alla vergogna. 
Ho detto :addio 
mio dolore, 
vattene nella mia  
anima, 
per sempre. 
 
 
 
Resterà il sangue 
su questa strada 
ad agghiacciare  
i passanti. 
Resterà il mio corpo 
su questo sangue 
ad incuriosire 
le donne innamorate. 
Resterà il mio cuore 
su questo corpo cianotico 
a riscaldare 
l’amore 
di chi 
ancora lo cerca. 
 
 
Se la mia vita 
fosse qui 
adesso 
le chiederei di morire. 
 
Se la mia morte 
fosse qui 
adesso 
le chiederei di ritornare 
 
nel mio cuore. 
 
 
Nessuno ama veramente 
la Vita 
perché per Essa non darebbe mai 
la Morte. 
Quante volte 
morirò ? 
Per ogni mia morte 
ci sarà una vita 
che chiederà 
di rinascere. 
Amo la vita 
per ogni rinascita 
sarò felice 
di morire. 
 
 
 
Vorrei guardarti ancora, 
aspettare un momento. 
Vorrei pensarti ancora, 
aspettare il momento. 
Non voglio il tempo 
non voglio il momento 
voglio che il momento 
non abbia tempo 
e che il tempo 
non abbia momento.  
 
 
 
Ecco infine una poesia che non mi appartiene ma che rappresenta il tentativo di traduzione del testo di una canzone rumena. Canzone molto cara al periodo adolescenziale di S.Sorin, mio amico e splendido compagno di una delle fasi più delicate della mia vita, il quale, chitarra alla mano, ha cercato di tradurre i versi più significativi dal rumeno all’inglese, e infine io dall’inglese all’italiano... ! Il valore di questo lavoro va chiaramente al di là della traduzione stessa, semmai ha oltremodo appagato quel desiderio di “ far mia” questa poesia e di capire fino in fondo il senso di questo desiderio che mi venne espresso molto tempo fa da Michele A., un altro mio caro amico, il quale appunto un giorno, leggendo una mia poesia, mi disse che voleva “ farla sua”. 
 
 
 
Se mi dici 
cosa hai nell’anima 
mi dai  
tutto quello che mi puoi dare. 
Aspetto una parola da te, 
è pensiero puro. 
Le lacrime scendono 
e gli occhi ardono : 
sto sulla via 
e se ti perderò 
non ti dimenticherò. 
La tua parola, 
i tuoi occhi, 
il tuo mistero. 
 
 
Andrea Codato
 
 
 
 
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Nuove poesie - 2004 
 
 
 
NUVOLA 
 
Poche parole 
scritte sul ricordo 
di due luci 
accese nei tuoi occhi 
 
Domani non sarà 
quel che è stato 
esser stati qui 
 
Solo un incontro 
Solo un istante 
Solo un ricordo 
 
Quel che è stato 
domani non sarà 
Quel che è stato 
è stato tutto 
 
Nella tua luce 
Nei tuoi occhi 
In un sogno 
che saprò riaccendere 
 
All’ombra 
di una luce gialla 
calda come i tuoi seni 
dolce 
come la tua voglia 
si intrecciano i nostri corpi 
si fondono 
con la voglia d’amare 
 
Stringi il tuo cuore al mio 
fammi sentire battere il tuo dolce petto 
adagia il tuo seno morbido 
guarda la mia anima negli occhi 
- nei tuoi vi è riflesso il mio amore - 
 
Non ho mai desiderato così tanto 
una nuvola  
che sapesse ricoprire la mia sete 
come le tue lacrime d’amore sanno fare ora 
 
Non pensare d’abbandonarmi 
Compagna 
Maestra di lacrime 
e silenzi pensati 
Aquila cattiva quando occorre 
sorvolare la mia fuga 
non temo il tuo artiglio 
so volare anch’io 
so come morire 
tra pareti verticali 
di malinconia 
 
Strìngiti 
aggrappati  
lègati a me 
trascinami anche giù 
se serve farsi male in amore 
gettami se vuoi 
saprò rialzarmi nuovamente 
al fiuto del tuo profumo 
non ho paura del vuoto 
come non ne ho avuta 
quando la ruga della mia guancia 
era vuota dei tuoi pianti e sudori 
e non faceva che raccogliere 
l’aridità dei miei pensieri 
tristi e solitari  
 
Non dubitare di me 
compagna 
non mi stancherò mai  
di desiderarti 
il desiderio 
alimenta la mia gioia 
di poter continuare a vivere 
vedendo un nuovo giorno che arriva 
con il tuo sorriso 
spalancato sulle mie labbra 
per ogni nuovo giorno 
che cerca quello scappato 
via con te 
il giorno prima 
 
Non c’è mai stato 
un tempo nel quale io 
non t’abbia amato 
assapora la mia verità 
da sempre 
la mia voglia d’amore 
era racchiusa nel tuo cuore 
scrigno perpetuo 
di desideri costanti 
di gioie e paure 
 
Rosa fiorita 
vagavo nelle tenebre 
prima di raccogliere il tuo colore 
e usarlo come luce densa 
per illuminare le mie chiavi 
d’accesso a un cuore 
tanto desiderato 
 
Non ti stancare di me 
compagna 
avremo sempre dita da intrecciare 
avremo sempre un posto 
dove poterci rincontrare 
in qualche angolo 
di questa vecchia terra 
stanca di bere solo 
gocce di sangue amaro 
 
Dammi solo un ultimo bacio 
intenso e profumato 
lo voglio nel ricordo di te 
per sempre 
tra un’onda del mare 
e il suono di un sogno 
che non ritornerà 
mai più. 
 
 
Andrea Codato
 
 
 
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LUCA COMORETTO 
 
 
 
 
Nuovo ospite, indubbiamente talentuoso e intimamente artista. Luca Comoretto, ventenne che abita nella chiusa di Verona, è capace di offrire una poesia spietata e leggera, intrigante e amara, come il sorriso di una donna che amiamo ma non vuole amarci. 
Qui di seguito una sua piccola selezione di versi, in attesa di nuove opere e di una sua biografia completa...
 
 
 
 
 
 
Non siamo neanche merda d'angelo 
nell'accozzarci tra dedali di strade 
coi nostri rovi dentro agli occhi,sottili nello sbirciare 
negri,zingari,lavavetri di periferia... 
Si cammina e la nostra ombra sforza per star dietro 
tira,si trascina,sa di cancrena imboscata in un angolino 
e noi-padroni!-siamo gatti che sfilano per casa... 
Spalmiamo giustizia sui muri,nei cortei di ieri 
pisciamo empatia da una poltrona,come conviene 
fredda è la libertà cui tastiamo il polso... 
 
Stasera le vie in cui mi perdo nel palpitare del vento 
son fatte di occhi e pochi sguardi,la cui luce 
nascosta in gabbia dalle nuvole dispettose 
sembra annaspare tra noi bendati,che siamesi per razza 
trottiamo nel recinto d'una stazione nuova,dove 
trovare la vite della gioia pare troppo 
per quei ciechi -che aumentando il passo- 
sputano sulla santità del vivere con poco. 
 
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Slabbrata la miseria 
d'un ricordare 
la pioggia scende, 
dardeggia 
 
Scroscia 
Sibila 
Si scheggia 
Porta con sè nel tuono 
le fantasie da cuscino 
ed io sento un vuoto... 
 
Se guardo il cielo torvo 
-murato vivo il sole 
da certe nubi aguzzine, 
la fede che mi sguscia via 
intermittente coi resti del giorno 
 
ed il mio animo che si fa calice 
d'offerta svuotato, 
di nessun dio mi sento giusto testimone 
 
e confessori diventan quei pini 
arroccati nel nudo asfalto 
drenanti il groviglio 
della viltà che ci rende uomini, 
ricettatori semplici 
d'una speranza,d'una pace 
 
che par grano  
sotto grandine 
in caduta libera 
sul mondo. 
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Conosco quel rivoltarsi 
la sera 
tra lenzuola d'ortica, 
fatto di smisurate preghiere sussurrate 
ad un dio diverso per tutti... 
S'ingarbuglia e scivola la memoria 
del giorno appena sopito 
nei ghiacci di qualche piega 
ancora linda di bucato.. 
 
Possa l'alba modellarmi 
a forma d'uomo, 
scolpirmi calice di dono, 
piantarmi come cereale 
della semplicità! 
 
 
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Le mie scarpe al sole 
si fondono come i segreti che non posso mantenere, 
nuovamente mi trovo a girovagare fino alle mie vecchie isole... 
 
La radio gracchia drammatica 
"Sei..tu..il..fantasma..della gelosia?"... 
 
Seduto al buio rivedo lo scrigno del nostro parlare 
la luce filtra la lana delle nuvole dalle veneziane 
e le paillettes di peccato sono meno brillanti, 
le scorribande giù al porto sono icone nella tempesta 
 
e mentre m'alzo con la mia parte migliore 
la notte è calata col suo esercito di matti 
tra schianti e trionfi. 
 
Esco,sbatto l'uscio 
e m'accorgo che il vento del tempo 
s'è rubato- anche oggi- 
le mie scarpe fuse al sole. 
 
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La morte: 
 
trillio vagante nei nostri nidi, 
fiato leggero la sera 
 
insegna spezzata 
a polvere di nirvana.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

(c) michele arpino - Made with the help of Populus.org.
Last modified on 19.09.2005
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